martedì 29 agosto 2017

Il primo cinema della città. Dalle colonne di San Lorenzo al Naviglio Grande. 10

 
 
Il primo cinema della città
 
Nel 1896 il circolo fotografico di via Principe Umberto (ora via Turati) aveva invitato un ospite illustre, uno dei fratelli Lumière che doveva propagandare in Italia la sua invenzione, il cinematografo. In sala era presente Italo Pacchioni, un fotografo autodidatta che pensò di riprodurre da solo l'invenzione del francese e di proporre ai milanesi le immagini filmate della loro città: l'arrivo di un treno, una serie di tuffi in una piscina e un fabbro al lavoro nel suo laboratorio. In occasione della fiera di Porta Genova del 1898, grazie al finanziamento di un facoltoso ortolano della zona e con l'aiuto tecnico di uno scenografo della Scala, venne costruito in uno dei padiglioni una stravagante "sala del cinema", battezzata dai milanesi "El casin de Meneghin e Cecca", che portava all'esterno una grossa insegna con l'altisonante scritta "Cinematografi". Questa fu infatti la prima sala cinematografica della città, che in poco tempo divenne una delle attrazioni più seguite dal pubblico, arrivando a ospitare fino a 350 spettatori per volta. Le proiezioni di allora non duravano come quelle odierne: il primo film proiettato in questo baraccone nel 1897 durava circa un minuto ed era intitolato: il finto storpio al Castello Sforzesco. Purtroppo però il Pacchioni non seppe sfruttare economicamente la sua iniziativa e in poco tempo fu costretto a tornare a fare il fotografo.
 
(tratto da: I segreti delle vie di Milano: curiosità, aneddoti, personaggi della nostra città. Decima puntata: Dalle colonne di San Lorenzo al Naviglio Grande, Milano, Il Giorno, 1995).  

sabato 26 agosto 2017

Le crudeli storie della contrada Moriggi. I segreti delle vie di Milano. 9

 

Le crudeli storie della contrada Moriggi
 
Quella che oggi si chiama via Morigi era un tempo conosciuta come la Contrada della Torre dei Moriggi. Il nome derivava da una imponente torre, di cui oggi è rimasto solo qualche resto, che si concludeva con una terrazza-belvedere sulla città. La posizione della dimora un tempo doveva essere sicuramente splendida; del resto la famiglia dei Moriggi, una delle più prestigiose della città, non aveva badato a spese per la costruzione dell'edificio. Ma la torre, nonostante l'aspetto delizioso, fece da sfondo a un violento episodio. Fu, come precedentemente ricordato, la prigione e il luogo dove venne ucciso tra atroci torture Lanzone della Corte, il nobile accusato dai suoi pari di averli traditi divenendo il rappresentante del popolo durante le lotte civili che si svolsero intorno all'anno Mille. All'ombra di questa torre visse tre secoli dopo Giovannola Montebretto, l'amante di Bernabò Visconti. Era l'unica donna in grado di "addolcire" il rude Bernabò, un uomo violentissimo, che viveva nel suo palazzo circondato da cinquemila ferocissimi mastini e dalla consenziente compagna Regina della Scala. Infischiandosene del suo legame matrimoniale, si recava spesso a trovare Giovannola, ma per non essere visto da occhi indiscreti aveva fatto murare una rampa di scale esterna che dal cortile portava all'appartamento di lei. Dalla loro unione nacque Bernarda, che Bernabò riconobbe e aggiunse all'elenco dei suoi figli illegittimi. Nel 1367 la diede in moglie, con una dote di 700 zecchini d'oro, a un condottiero di un'illustre famiglia bergamasca, Giovanni Suardo. Ma la loro unione non fu duratura. Bernarda si innamorò di un uomo più giovane e audace, il giostratore Antonio Zotta. Purtroppo, i due amanti vennero sorpresi proprio dal crudele Bernabò che volle punirli senza possibilità di appello. Secondo gli statuti del tempo il reato di adulterio Morirono a  non prevedeva una pena grave per un uomo. Proprio per questo Bernabò accusò Zotta di furto, lo sottopose a tortura per farlo confessare anche se era innocente e lo fece poi impiccare. Bernarda invece avrebbe dovuto essere punita, secondo la legge, con la morte. Ma Bernabò non voleva una pubblica esecuzione e la sottopose a docce gelate, per calmare i suoi bollenti spiriti, e a frustate. Dopo la punizione corporale la fece rinchiudere nella prigione della rocchetta di Porta Nuova con la propria nipote Andreola Visconti, colpevole di un analogo reato. Le due ragazze sopravvissero nella piccola cella a pane e acqua per sette mesi. Quando Bernabò si accorse che nella lampada che serviva per illuminare la cella i carcerieri avevano nascosto un po' di vino, anche il lume venne tolto e le due sciagurate vennero lasciate completamente al buio. Morirono a pochi giorni di distanza l'una dall'altra. Ma il vecchio Bernabò, cui sicuramente rimordeva la coscienza e non godeva di sonni tranquilli, venne informato che a Bologna era stata vista una giovane ragazza proprio identica a Bernarda, con i capelli rossi, formosa e vispa, che circolava liberamente per la città. Intimorito aprì degli interrogatori, licenziò il guardiano del carcere e fece anche riesumare i resti della defunta, che stavano nella chiesa di San Giacomo, per controllare se davvero quelle povere ossa appartenevano alla figlia.
 
(tratto da: I segreti delle vie di Milano: curiosità, aneddoti, personaggi della nostra città. Nona puntata: La zona del patrono di Milano: Sant'Ambrogio, Milano, Il Giorno, 1995).  
 
 
 
 
 
 
 
 
 

giovedì 24 agosto 2017

Porci in libertà. I segreti delle vie di Milano. 8

 

Porci in libertà
 
La Ca' Granda aveva assorbito l'antico ospedale di Sant'Antonio che veniva anche chiamato "ad porcorum", cioè "ai porci". Questo strano appellativo si doveva sia alle condizioni igieniche in cui versava sia al fatto che qui venivano veramente allevati alcuni maiali, dal cui grasso si ricavava un unguento prezioso, ricco di vitamina B, per curare il fuoco di sant'Antonio. Questa è una malattia, molto diffusa all'epoca, che si manifesta con bruciori e dolori nevralgici fortissimi. Si occupavano dell'allevamento, della produzione della pomata speciale e della conduzione dell'ospedale i padri Antoniani. Sant'Antonio Abate era protettore degli animali e raffigurato spesso insieme a un porcello. Come guaritore dai bruciori dell'Herpes zoster, cioè del fuoco di sant'Antonio, era spesso raffigurato con una fiamma accanto (e infatti viene anche invocato contro il fuoco ed è considerato il protettore dei vigili del fuoco). I padri Antoniani erano riusciti a ottenere dall'autorità cittadina il permesso di far circolare liberamente per le strade i loro animali che erano riconoscibili da una "T", il segno araldico che segna la stampella, cioè il soccorso al malato, marchiata a fuoco sul dorso dell'animale. Chi li maltrattava o li uccideva veniva punito duramente, anche se ogni tanto qualcuno di questi pingui animali spariva per finire sulla tavola di qualche famiglia numerosa e affamata.
 
(tratto da: I segreti delle vie di Milano: curiosità, aneddoti, personaggi della nostra città. Ottava puntata: Corso di Porta Romana, Ca' Granda e dintorni, Milano, Il Giorno, 1995).  

lunedì 21 agosto 2017

Rivali in amore. I segreti delle vie di Milano. 7

 
 
Rivali in amore
 
Nei primi anni del XIX secolo, in piazza Belgioioso, nel Palazzo Besana, un tempo Palazzo Viscontini, viveva Matilde, la donna più corteggiata dagli intellettuali del tempo. Si era ritirata in questa casa dopo essersi divisa dal marito, il barone e generale napoleonico Dembowsky, un uomo stravagante e chiacchierato che aveva addirittura salito a cavallo le scale di una casa in via Sant'Andrea per ammirare più da vicino le grazie di una giovane fanciulla. Per trascorrere il tempo, Matilde aveva aperto un salotto culturale, fatto arredare esclusivamente in azzurro a imitazione di un famoso salotto parigino, dove riceveva un ristretto gruppo di amici. Tra gli invitati c'erano spesso Stendhal e Foscolo. I due però non erano solo dei semplici ospiti, erano piuttosto due rivali che si contendevano l'amore di Matilde. Il primo non ebbe fortuna, e neppure il tempo di farsi conoscere meglio, poiché nel 1821 venne cacciato da Milano dalle autorità austriache insospettite dalle sue amicizie liberali. Nonostante la cocente delusione amorosa lo scrittore francese non dimenticò la bella milanese e scrisse la storia di quell'amore non corrisposto in un romanzo autobiografico rimasto incompiuto. Foscolo invece rimase padrone del campo, conquistò Matilde e fra i due nacque una breve ma coinvolgente passione. Lo scrittore abitava proprio vicino a Palazzo Besana, in via Sant'Andrea, e a volte la riceveva nella sua casa. Il poeta abitava in poche stanze: anticamera, due sale, un salotto con un camino bianco e azzurro decorato a stucchi e uno stanzino con una fontanella che egli aveva fatto trasformare in una grotta. L'azzurro era il colore dominante. In questo ambiente si consumò il suo furibondo e temporaneo amore per Matilde.
 
(tratto da: I segreti delle vie di Milano: curiosità, aneddoti, personaggi della nostra città. Settima puntata: Montenapoleone e i suoi eleganti dintorni, Milano, Il Giorno, 1995).  
 
 
 

domenica 20 agosto 2017

Un genio non idoneo. I segreti delle vie di Milano. 6

 


Un genio non idoneo
 
In fondo fa sempre un certo piacere vedere che anche i grandi hanno avuto qualche piccola "caduta" e che, per esempio, anche i geni possono essere bocciati a scuola. E' quello che è successo nel giugno 1832 a Giuseppe Verdi. Egli aveva presentato domanda di ammissione al Conservatorio di Milano come "forestiero" perché proveniva da Busseto, nello Stato di Parma. Il giovane chiedeva di essere accolto "nella qualità di allievo a pagamento di pensione" per potersi specializzare come maestro di pianoforte e di organo. Nonostante avesse cinque anni in più rispetto all'età prevista dal regolamento, dal momento che aveva già compiuto i diciotto anni, si iscrisse ugualmente al prestigioso istituto perché il regolamento prevedeva un'eccezione. Era necessario superare un esame di composizione e un esame di esecuzione a pieni voti. La commissione che lo esaminò fu inflessibile e severa, stabilì che "la sua mano era assai male impostata sulla tastiera" ma che la fantasia gli avrebbe consentito di "riuscire bene nella composizione". Morale della favola: Verdi, forse anche per la carenza di posti letto, per la mancanza di pianoforti nelle classi e per l'origine oltrepadana, venne respinto. Fu costretto a studiare in privato presso un maestro del Teatro alla Scala. Ma, come sappiamo, il giudizio negativo degli insegnanti della scuola non influenzò minimamente la sua carriera. Sarà forse perché qualcuno voleva farsi perdonare che il Conservatorio è stato intitolato proprio a lui?
 
(tratto da: I segreti delle vie di Milano: curiosità, aneddoti, personaggi della nostra città. Sesta puntata: I palazzi di corso Monforte e dintorni, Milano, Il Giorno, 1995).  


venerdì 18 agosto 2017

I numeri sulle case, che invenzione! I segreti delle vie di Milano. 5

 
 
 
I numeri sulle case, che invenzione!
 
L'Arcivescovado ha una curiosa particolarità, che pochissimi conoscono. E' l'unico palazzo di Milano che non ha mai cambiato numero, dai tempi del governo austriaco di Giuseppe II. Si trova infatti da allora sempre incrollabilmente al numero 2. Tutto era iniziato proprio quando, nel 1786, l'amministrazione austriaca decise di battezzare ufficialmente le vie e di numerare le case, novità che venne accolta molto positivamente dai milanesi. La gente era in generale stufa di cercare per ore un indirizzo o di dare indicazioni casuali a chi chiedeva informazioni su un palazzo o su una casa. L'aveva provato anche a proprie spese il povero Renzo, protagonista del romanzo "I Promessi Sposi", che quando si trovò a chiedere come arrivare alla casa di Don Ferrante, a furia di spiegazioni basate su "dritte" e "mancine", chiese e croci che avrebbero dovuto servirgli come punti di riferimento, si era perso più volte e aveva avuto il suo bel daffare ad arrivare a destinazione. La cosa non era migliorata neanche con la pubblicazione del "Servitore di Piazza" del 1782, un volumetto che conteneva indicazioni altrettanto superficiali del tipo: "Sua Eccellenza Don Paolo de Ride de Sylva (un illustre uomo del tempo) abitava al Pontaccio, prima di arrivare al portone di San Simpliciano, la penultima porta alla dritta, venendo da San Marco". Anche gli indirizzi riportati sulle lettere erano dello stesso tenore, e possiamo ben immaginare che chi era incaricato di recapitare la posta soffrisse dopo poco di giramenti di testa. La riforma che fece comparire i numeri sui portoni delle case, sicuramente risolse questa serie di inconvenienti. Un passo ancora più in avanti venne fatto quando agli edifici venne data una numerazione unica e progressiva che dal centro proseguiva verso la periferia, seguendo un senso a spirale. Il numero 1 corrispondeva al Palazzo Reale, il 2 all'Arcivescovado fino ad arrivare al 5314 che segnava l'ultima casa alla periferia della città, che si trovava lungo la "strada del Castello". Nel 1861 a questo tipo di numerazione venne sostituita quella per vie e le cose funzionarono ancora meglio. Qualche anno dopo ci furono gli ultimi perfezionamenti, i numeri che prima erano segnati in rosso, divennero bianchi su fondo nero e venne adottato il criterio, valido ancora oggi, di mettere i numeri dispari sul lato sinistro e quelli pari sul lato destro della via.
 
(tratto da: I segreti delle vie di Milano: curiosità, aneddoti, personaggi della nostra città. Quinta puntata: Da piazza Fontana a piazza Santo Stefano, Milano, Il Giorno, 1995).  
 
 
 
 

giovedì 17 agosto 2017

Un regalo stellare. I segreti delle vie di Milano. 4

 
 
Un regalo stellare
 
Tra le secolari piante dei Giardini Pubblici spunta la cupola astronomica del Civico Planetario. Sembra strano, ma si tratta di un regalo, che risale al 1930. L'editore svizzero Ulrico Hoepli, giunto alla soglia degli ottant'anni trascorreva le sue serate estive a godersi il fresco e contemplando il cielo dalle finestre della sua casa in via XX Settembre. Era un appassionato di astronomia, assiduo lettore di tutti i libri sull'argomento. In un opuscolo venne a conoscenza dell'esistenza di un apparecchio che riproduceva il moto degli astri, delle stagioni e dei millenni. Scrisse in Germania, dove veniva costruito il sofisticato strumento, si informò sul costo (una cifra decisamente elevata per i tempi) e senza battere ciglio l'acquistò. Il planetario Zeiss venne quindi sistemato nell'apposito edificio classicheggiante, opera dell'architetto Portaluppi, e da allora ha trasportato senza alcuna fatica nello spazio e nel tempo migliaia di visitatori di tutte le età. La cupola venne rinnovata nel 1957, mentre il macchinario fu sostituito con un sofisticato Zeiss nel 1968.
 
(tratto da: I segreti delle vie di Milano: curiosità, aneddoti, personaggi della nostra città. Quarta puntata: Da piazza San Babila a via Turati, Milano, Il Giorno, 1995).  
 
 
 

domenica 13 agosto 2017

Giulia la rubacuori. I segreti delle vie di Milano. 3

 
 
Giulia la rubacuori

Giulia Marchesi era la proprietaria di un rinomato caffè proprio sul corso Vittorio Emanuele. Di lei si scriveva "... Si erano aperti gli splendidi battenti della Giulia e della sua buvette; un esercizio promiscuo fra il bar americano e la fiaschetteria, dove gli avventori si trovavano in dovere d'essere innamorati della padrona, o corteggiatori, o favoriti, o protettori...". Giulia infatti era bellissima, i suoi occhi erano talmente sfolgoranti che venivano definiti "sagittari" e il suo seno, bianco e prosperoso, le meritò addirittura l'appellativo di "latteria lombarda". Nel suo locale, sempre frequentatissimo, nel 1878 si era tenuta una festa per lanciare un nuovo giornale di notizie, racconti e poesie un po' spregiudicate, intitolato "La farfalla". Il giovane direttore del foglio, Angelo Sommaruga, rimase letteralmente incantato dal fascino di Giulia e decise che quel locale sarebbe diventato il quartier generale della redazione del giornale e sarebbe stato battezzato il Caffè dei Farfallini. Per l'occasione il pittore Tranquillo Cremona, prendendo Giulia come modello, disegnò come testata del giornale, il viso rotondo e sorridente di una bella fanciulla con una farfalla sui capelli. Fra il giovane direttore e la proprietaria del bar nacque una burrascosa storia d'amore che durò sette anni. Alla fine, però, il Sommaruga decise di partire per sempre per Roma, ma senza di lei. Al posto di Giulia si portò via la sorella Adele, meglio conosciuta con il soprannome di "tigre". La vita del bar continuò ad andare avanti con lo stesso successo di prima. Nonostante la disavventura amorosa, Giulia era sempre la donna più chiacchierata e affascinante del corso Vittorio Emanuele. Il giornalista Paolino Valera scrisse di lei nel suo bozzetto "Milano sconosciuta": "Noto di passaggio che questa brava fanciulla da acquavitaia è diventata una signora ammodo. Alla mattina cavalca un puledrino bigio, di razza inglese, sui bastioni di Porta Venezia".

(tratto da: I segreti delle vie di Milano: curiosità, aneddoti, personaggi della nostra città. Terza puntata: Da Corso Vittorio Emanuele alla Galleria, Milano, Il Giorno, 1995).



venerdì 11 agosto 2017

Un maniaco in chiesa. I segreti delle vie di Milano. 2

 
Un maniaco in chiesa
 
Il 17 agosto 1474 venne fatta una denuncia contro un certo Bonassolo, un uomo zoppo chiamato dagli amici "baguta", cioè trasportatore di vino, probabilmente per il mestiere che praticava, ma anche per una sua ben nota tendenza ad alzare spesso il gomito. L'uomo aveva come abitudine quella di entrare nel Duomo, che allora era un vero e proprio cantiere, e di nascondersi negli angoli più bui e meno frequentati. Non era mosso dal desiderio di rimanere solo per pregare o raccogliersi in religioso silenzio, piuttosto aspettava il passaggio delle signore, meglio se ben formose, per poterle pizzicare nelle parti più morbide e nascondersi di nuovo nell'oscurità. Quando venne egli stesso "pizzicato" dalla milizia, che faceva la ronda intorno all'edificio, venne accusato di molestare di signore (nell'imputazione in latino veniva detto: ad pizigandum mulieres). Egli confessò la sua colpa, ma confidò anche che spesso aveva trovato dame molto consenzienti, le quali, attratte dalle sue focose attenzioni, avevano preso a frequentare assiduamente la cattedrale. Forse anche per la stranezza del personaggio e la lievità del reato, Bonassolo venne assolto e rimesso in libertà. Egli smise di frequentare la basilica, ma si narra che alcune di quelle dame abbiano continuato ancora a cercarlo.
 
(tratto da: I segreti delle vie di Milano: curiosità, aneddoti, personaggi della nostra città. Seconda puntata: Piazza Duomo e Piazzetta Reale, Milano, Il Giorno, 1995).
 
 
 
 
 
 
 

mercoledì 9 agosto 2017

La Fioraia Teresina. I segreti delle vie di Milano. 1

 
 
 
La Fioraia Teresina
 
Le fioraie che svolgevano il loro lavoro proprio nell'atrio della Scala erano personaggi di tutto rispetto. Indossavano guanti lunghi, erano vestite elegantemente e sotto il braccio portavano un cestino di vimini intrecciato, stracolmo di fiori colorati che venivano venduti alle signore. Una delle fioraie più famose della Scala si chiamava Teresina, la sua bellezza e i suoi modi nel porgere i fiori erano decantati anche dai giornali dell'epoca. L' "Illustrazione Universale" nel 1874, la paragonava a una delle più famose fioraie parigine: "Teresa la fioraia  che a Milano è nota e celebre quanto a Parigi Isabella la Bouquetière du Jockey Club. Non è molti anni trottava senza scarpe sul Corso ed all'ultimo veglione della Scala aveva gli orecchi pendenti di brillanti". Il mutamento d'aspetto della giovane era facilmente spiegabile: girando per i teatri e per i caffè non faceva molta fatica a trovare generosi ammiratori. I suoi affezionati clienti le davano a fine mese il compenso in una busta chiusa. Una notte, tornando a casa Teresina venne assalita e sfregiata da una lama di rasoio. Quest'attentato le costò la bellezza e il lavoro. A colpirla era stato un suo amante che non le aveva perdonato di averlo abbandonato. Il processo venne seguito da tutti i milanesi e si concluse con l'assoluzione dell'uomo. Alla Teresina venne consegnata una grossa somma di denaro come indennizzo, ma nonostante questo si allontanò dalla città per non tornare mai più.
 
(tratto da: I segreti delle vie di Milano: curiosità, aneddoti, personaggi della nostra città. Prima puntata: Piazza della Scala e dintorni, Milano, Il Giorno, 1995).
 
 
 

lunedì 7 agosto 2017

I segreti delle vie di Milano






In attesa delle prossime visite autunnali, a breve saranno pubblicati alcuni aneddoti, curiosità, ricordi, tratti da "I segreti delle vie di Milano", fascicoli monografici del quotidiano "Il Giorno" di una ventina di anni fa...