Le crudeli storie della contrada Moriggi
Quella che oggi si chiama via Morigi era un tempo conosciuta come la Contrada della Torre dei Moriggi. Il nome derivava da una imponente torre, di cui oggi è rimasto solo qualche resto, che si concludeva con una terrazza-belvedere sulla città. La posizione della dimora un tempo doveva essere sicuramente splendida; del resto la famiglia dei Moriggi, una delle più prestigiose della città, non aveva badato a spese per la costruzione dell'edificio. Ma la torre, nonostante l'aspetto delizioso, fece da sfondo a un violento episodio. Fu, come precedentemente ricordato, la prigione e il luogo dove venne ucciso tra atroci torture Lanzone della Corte, il nobile accusato dai suoi pari di averli traditi divenendo il rappresentante del popolo durante le lotte civili che si svolsero intorno all'anno Mille. All'ombra di questa torre visse tre secoli dopo Giovannola Montebretto, l'amante di Bernabò Visconti. Era l'unica donna in grado di "addolcire" il rude Bernabò, un uomo violentissimo, che viveva nel suo palazzo circondato da cinquemila ferocissimi mastini e dalla consenziente compagna Regina della Scala. Infischiandosene del suo legame matrimoniale, si recava spesso a trovare Giovannola, ma per non essere visto da occhi indiscreti aveva fatto murare una rampa di scale esterna che dal cortile portava all'appartamento di lei. Dalla loro unione nacque Bernarda, che Bernabò riconobbe e aggiunse all'elenco dei suoi figli illegittimi. Nel 1367 la diede in moglie, con una dote di 700 zecchini d'oro, a un condottiero di un'illustre famiglia bergamasca, Giovanni Suardo. Ma la loro unione non fu duratura. Bernarda si innamorò di un uomo più giovane e audace, il giostratore Antonio Zotta. Purtroppo, i due amanti vennero sorpresi proprio dal crudele Bernabò che volle punirli senza possibilità di appello. Secondo gli statuti del tempo il reato di adulterio Morirono a non prevedeva una pena grave per un uomo. Proprio per questo Bernabò accusò Zotta di furto, lo sottopose a tortura per farlo confessare anche se era innocente e lo fece poi impiccare. Bernarda invece avrebbe dovuto essere punita, secondo la legge, con la morte. Ma Bernabò non voleva una pubblica esecuzione e la sottopose a docce gelate, per calmare i suoi bollenti spiriti, e a frustate. Dopo la punizione corporale la fece rinchiudere nella prigione della rocchetta di Porta Nuova con la propria nipote Andreola Visconti, colpevole di un analogo reato. Le due ragazze sopravvissero nella piccola cella a pane e acqua per sette mesi. Quando Bernabò si accorse che nella lampada che serviva per illuminare la cella i carcerieri avevano nascosto un po' di vino, anche il lume venne tolto e le due sciagurate vennero lasciate completamente al buio. Morirono a pochi giorni di distanza l'una dall'altra. Ma il vecchio Bernabò, cui sicuramente rimordeva la coscienza e non godeva di sonni tranquilli, venne informato che a Bologna era stata vista una giovane ragazza proprio identica a Bernarda, con i capelli rossi, formosa e vispa, che circolava liberamente per la città. Intimorito aprì degli interrogatori, licenziò il guardiano del carcere e fece anche riesumare i resti della defunta, che stavano nella chiesa di San Giacomo, per controllare se davvero quelle povere ossa appartenevano alla figlia.
(tratto da: I segreti delle vie di Milano: curiosità, aneddoti, personaggi della nostra città. Nona puntata: La zona del patrono di Milano: Sant'Ambrogio, Milano, Il Giorno, 1995).